venerdì 22 febbraio 2013

Aforismi Francesco Algarotti

Francesco Algarotti

Francesco Algarotti è stato uno scrittore, saggista e collezionista d'arte italiano che ha costituito un modello di spirito illuminista, quantomai moderno e innovatore nell'epoca in cui visse.
Data di nascita: 11 dicembre 1712, Venezia
Data di morte: 3 maggio 1764, Pisa
  • La religione toglieva l'uomo dallo stato che per lui è il più insopportabile di tutti, dalla dubbietà.
  • La solitudine è la dieta dell'anima, disse sensatamente non so chi.
  • Amerà domani colei che non amò ieri.
  • Buona parte della felicità nostra sta nella distrazione da noi medesimi.
  • Gli epigrammisti in poesia sono come i fioristi in pittura.
  • Ad ogni poeta mediocre vengono talvolta fatti alcuni buoni versi.
  • La gelosia ha da entrar nell'amore, come nelle vivande la noce moscata. Ci ha da essere, ma non si ha da sentire.
  • L'uomo non pensa mai all'avvenire se non quando li dà noia il presente.
  • La Critica è venefica, e benefica.
  • La Donna non pone tanto studio nel vestirsi se non perché l'uomo viemeglio desideri di vederla spogliata.
  • La falsa letteratura è peggiore assai dell'ignoranza. Meglio è non si muover di luogo che far cammino e aver smarrito la via.
  • La ignoranza dell'uno è la misura della scienza dell'altro.
  • Quel poeta che non saprà che la lingua volgare non sarà che un poeta volgare.
  • Sotto alle più belle azioni ci è la vanità, come sotto a' più bei ricami ci è lo spago.
  • Sopra la costiera di una piacevole montagnetta, che tra Bardolino e Garda sorge alle sponde del Benaco, è posto Mirabello, luogo di delizia della marchesa di F*** dove è solita dimorare ogni anno buona parte della estate. Dall'un fianco guarda il bel piano, che irrigato è dal Mincio; dall'altro le Alpi altissime e i colli di Salò lieti di fresca e odorosa verdura; e sotto ha il lago, in cui si specchia, sparso qua e là di navigli e di care isolette.
  • Da non picciola maraviglia dovrà esser presa buona parte degli uomini di lettere al vedere come la lingua francese, la quale si parla da tanti secoli in un paese ridotto sotto a un principe solo, sia stata sempre incerta e mutabile; e solamente da picciolo tempo in qua ricevuto abbia un qualche regolamento; dove la lingua italiana, la quale si parla in un paese diviso in tanti stati come è il nostro, è venuta su quasi dalla prima sua infanzia bella e formata, ha ricevuto regole di buon'ora e da quel tempo sino a' giorni nostri si è mantenuta sempre la istessa. Se non che considerando attentamente la storia di esse lingue, e facendone in certo modo la genealogia, viene a scemare moltissimo, se non a svanire del tutto, la maraviglia.
  • Di non pochi vantaggi, parte fisici parte morali, vogliono i più dei dotti che, per quanto si spetta alle umane lettere e singolarmente alla eloquenza e alla poesia, godessero gli antichi sopra di noi. Donde si rende in buona parte ragione della eccellenza a cui da essi recate furono quelle facoltà. Tra i quali vantaggi forse non è il meno considerabile quello, che dissipati non venivano, come noi, in vari studi di differente natura, e sopra tutto che dietro ad altre lingue oltre alla propria non ispendevano l'opera ed il tempo.
  • Il mare combattuto da due venti entrava per tutto e ci assaliva da ogni parte. Uno dei pezzi di ferro, di che è composta la zavorra, per la grande agitazion del navilio, era sdrucciolato a orza. Non ci era via di rimetterlo in suo nicchio; il bastimento orzava sempre, e riceveva più acqua che non se ne potea trombare. Erasi già preso di tagliar la metà dell’albero di maestra, che per la straordinaria sua altezza dava al corpo della nave un grandissimo grezzo.

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