sabato 16 marzo 2013

Aforismi Carmelo Bene (prima parte)

Carmelo Bene (prima parte)

Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene è stato un attore, drammaturgo, regista, scrittore e poeta italiano, considerato uno degli artisti più poliedrici nella storia del teatro mondiale.
Data di nascita: 1 settembre 1937, Campi Salentina
Data di morte: 16 marzo 2002, Roma
Libri Carmelo Bene
DVD Carmelo Bene
Musica Carmelo Bene
Musica MP3 Carmelo Bene

  • Per capire un poeta, un artista, a meno che questo non sia soltanto un attore, ci vuole un altro poeta e ci vuole un altro artista.
  • Il talento fa quello che vuole, il genio fa quello che può. Del genio ho sempre avuto la mancanza di talento.
  • I giornalisti sono impermeabili a tutto. Arrivano sul cadavere caldo, sulla partita, a teatro, sul villaggio terremotato, e hanno già il pezzo incorporato. Il mondo frana sotto i loro piedi, s'inabissa davanti ai loro taccuini, e tutto quanto per loro è intercambiale letame da tradurre in un preconfezionato compulsare di cazzate sulla tastiera. Cinici? No frigidi.
  • Ci sono cose che devono restare inedite per le masse anche se editate. Pound o Kafka diffusi su Internet non diventano più accessibili, al contrario. Quando l'arte era ancora un fenomeno estetico, la sua destinazione era per i privati. Un Velazquez, solo un principe poteva ammirarlo. Da quando è per le plebi, l'arte è diventata decorativa, consolatoria. L'abuso d'informazione dilata l'ignoranza con l'illusione di azzerarla. Del resto anche il facile accesso alla carne ha degradato il sesso.
  • Tieniti la tua coerenza, vecchio! Sono incoerente, come l'aere, più dell'aere!
  • Il mio epitaffio potrebbe essere quel passaggio di Sade: mi ostino a vivere perché "Anche da morto io continui a essere la causa di un disordine qualsiasi".
  • Sono apparso alla Madonna.
  • È decorazione l'arte, è volontà di esprimersi.
  • Il pensiero è un risultato del linguaggio.
  • La libertà di stampa mi sta bene se è libertà dalla stampa.
    • Non sono mai nato, non mi vergogno di essere nell'equivoco italiota, non mi interessano gli italiani. Qualunque governo come qualunque arte - o tutta l'arte borghese - tutta l'arte è rappresentazione di Stato, è statale. È uno stato che si assiste fin troppo, se no alla mediocrità chi ci pensa? La mediocrità, par excellence, è proprio lo Stato. Lo Stato dovrebbe smetterla di governare, ecco. Si può dare uno Stato senza governo, mi spiego? Non deve amministrare, deve lasciarlo fare a dei privati.
    • Detesto la nazionale azzurra, però lo dico. Non me ne fotte nulla del Rwanda, però lo dico. Voi no, non ve ne fotte, ma non lo dite! Non sono eroico; me ne infischio di me stesso, del governo, della politica, del teatro.
    • C'è troppa puzza di Dio.
    • Io mi occupo (e - purtroppo o per fortuna - si occupano di me) solo dei significanti, i significati li lascio ai significati.
    • Noi siamo nel linguaggio e il linguaggio crea dei guasti; anzi è fatto solo di buchi neri, di guasti.
    • È ora di cominciare a capire, a prendere confidenza con le parole. Non dico con la Parola, non col Verbo, ma con le parole; invece il linguaggio vi fotte. Vi trafora. Vi trapassa e voi non ve ne accorgete. Voi sputate su Einstein, voi sputate sul miglior Freud, sull'aldilà dei principi di piacere; voi impugnate e applaudite l'ovvio, ne avete fatto una minchia di questo ovvio, in cambio della vostra. Ma io non vi sfido: non vi vedo!
    • Non voglio essere interrotto da chi mi rompe i coglioni con l'essere e con l'esserci, non voglio parlare con l'ontologia; abbasso l'ontologia, me ne strafotto.
    • Bisogna fare di sé dei capolavori.
    • In teologia si danno solo domande, non risposte. Lei non può parlare di Dio con Dio.
    • Fare un forno, in teatro, vuol dire che non c'è nessuno. Quando facevo gli esauriti (quando ero esaurito io), dicevo: "Stasera è un bel forno!" Perché c'era la gente anche in piedi. Da soli è una ressa (come diceva Alberto Savino, "Due uomini fanno appena, oggi, una rissa" di questi tempi ormai in-drammatici e non più tragici). Io ho tanto disappreso. Non vi auguro di disapprendere tanto. Io applico quella agape schopenhaueriana - cioè quella compassione che non è cristiana, diciamo è più stoica, anzi è più gnostica, ecco - nei confronti della maggior parte di voi, meschini.
      • Una volta tanto, in questa trasmissione, si sta parlando davvero di cazzate, finalmente. Era l'ora di riconoscere che si parla sempre di cazzate! Questa sera stiamo dicendo che non stasera son cazzate, ma che sempre si parla soltanto di parole, cioè di cazzate. Senza che si offenda il fallo.
      • Con Benigni siamo amici da anni. Lui è grande nel "buffo", ma lasciamo stare il "comico". I buffi sono concilianti, rallegrano la corte e le masse. Il comico che interessa a me è un'altra cosa. Cattiveria pura. Il ghigno del cadavere. Il comico è spesso involontario. Specialmente quando si sposa con il sublime.
      • È tutta la vita che tolgo di scena il burattino, l'incubo di un pezzo di legno che ci si ostina a voler farcire con carne marcia. Precipitare nell'umano - che parola schifosa - questa è la disavventura. Gli anatomisti gridano al miracolo quando parlano del corpo umano. Ma quale miracolo?! Un'accozzaglia orrenda, inutilmente complicata, piena di imperfezioni e di cose che si guastano.
      • Il corpo implora il ritorno all'inorganico. Nel frattempo non si nega nulla.
      • In quanto al mio amico Vittorio Gassman, gli dissi una volta scherzando: "Non puoi accontentarti di essere il meglio del peggio, cioè il pessimo".
      • Io sono già dimenticato, meglio ancora ignorato, in vita. Mi hanno promesso a Otranto i funerali da vivo. Non c'è bisogno di consegnare un cadavere in pubblico per meritare la dimenticanza.
      • La voce dell'opera si è fermata con la Callas, una perfezionista, nel senso che perfezionava i suoi difetti, come tutti i geni. Trovare e cestinare. Di questo si tratta.
      • Me ne fotto di quel che mi riguarda. Malati gravi si è per definizione.
      • Nelle aristocrazie il principe non si fa eleggere, è lui che elegge il suo popolo. In democrazia il popolo è bastonato su mandato del popolo. È la pratica certosina dell'autoinganno. Si dice che il trenta per cento sia astensionismo. Nego, tutto è astensionismo. Sono comunque voti sprecati.
      • Andiamoci piano con questa storia che un bel giorno si nasce. Non è così scontato. In quegli anni [Anni '30] venire al mondo e farla franca era come scampare ad Auschwitz. La gestante era una signora a rischio, destinata quasi sempre a perire. Lei o il bambino. Qualche volta entrambi.

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